jueves, 26 de agosto de 2010

passerini giacomo festichola tagliatietra brentonico

passerini giacomo festichola del tagliapietra brentonico castione Il “senior” (il più anziano, il più vecchio) dei tagliapietra/scalpellino (che lavora il marmo) di Zurigo festeggia giovedì 5 luglio il suo 85° compleanno. L’interra sezione gli porge in questa occasione i più cordiali auguri.Il collega Passerini Giacomo, tagliapietra,ùnacque nel comune di [Brentonico] (non si legge la parola, ma dovrebbe essere Brentonico), allora facente parte del Tirolo meridionale. Le sue migrazioni lo portarono a Trieste, ma anche a Vienna, ma dal 1894 il nostro Giacomo vive a Zurigo, e dal 1895 ha fatto parte ininterrottamente dell’associazione (dei tagliapietra). Per oltre trent’anni il collega Passerini ha contribuito a far crescere il profitto sempre della stessa ditta per poter ora nei giorni della vecchiaia, senza nessun altro aiuto che una comoda casa messa a disposizione dei familiari riconoscenti, trascorrere i suoi giorni tranquilli. Sempre il nostro “diritto” (onesto, di parola) collega è stato ai vertici; per lunghi anni primo lavorante, cassiere sulle piazze, mancò poche volte ai raduni. Silenzioso ma fadele era il suo operato (il suo lavoro) per la nostra associazione.La sezione dei tagliapietra non ha rinunciato in questa occasione a organizzare una festicciola di compleanno insieme alla festa dei veterani, e cioè per tutti coloro che sono membri dell’associazione da almeno 20 anni. La festa ha luogo sabato prossimo, 7 luglio, alle ore 7 precise al “Sihlhof” (nome del ristorante). Lo spazio non ci permette purtroppo di invitare altri colleghi dell’associazione, perché noi aspettiamo a questa festa non solo i nostri verterani con le mogli ma anche gli altri membri della sezione con le mogli. E’ gia stato preparato un comodo e adeguato programma.Mentre noi ancora una volta porgiamo i più sinceri auguri al festeggiato, diciamo che particolarmente sono “benvenuti di cuore” tutti i veterani, sperando di poter salutare anche molto numerosi gli altri colleghi con consorti.

domingo, 22 de agosto de 2010

viernes, 20 de agosto de 2010

BOLZANO 1928 - inaugurazione monumento alla Vittoria

GIUSEPPE PASSERINI FASCISTA DESIDERATA

Sintesi: Paginone commemorativo del V anniversario della marcia su Bolzano compilato da Carlo
Barbieri, Vittorio Altenburger, Valcanover, Vito Radina e Giuseppe Passerini. Ricostruisce i primordi del
fascismo bolzanino, con il ten. Altenburger e il cap. Giovannazzi collaboratore di Tolomei.
Tutti consideravano l'occupazione italiana provvisoria.
Nell'aprile del 1919 la Lega tedesca organizza una grande manifestazione in Piazza Walther, i soldati
italiani, capitanati dai giovani ufficiali, irruppero nella piazza, bastonando la gente.
Nella primavera del 1920 Altenburger e Valcanover ebbero colloqui col dott. Bernardelli di Trento per la
costituzione del primo nucleo fascista nella Venezia Tridentina: in settembre o in ottobre una trentina di
persone fondò nell'Hotel Kaiserkronen il primo nucleo fascista dell'Alto Adige con dirigenti il cav. Vito
Radina e il ferroviere Carlo Barbieri.
Nel febbraio del 1921 venne però costituito ufficialmente con l'intervento di Starace: il primo direttorio
era formato dal dr. Moggio (defunto), l'ing. Valcanover, il barone Altenburger, Radina, Lazzaroni, Siciliani
e Conti. "Il fascismo bolzanino ebbe subito contro due nemici, i "rossi" italiani che, specialmente
nell'ambito ferroviario, venivano dalle sedi delle vecchie provincie inviate a Bolzano, considerata come
residenza disagiata e quindi adatta quale sede di punizione, ed i pangermanisti tedeschi."
Ricostruzione dei fatti del 21.04.21: i vari gruppi sono comandati dai membri del direttorio bolzanino,
Crupi dirige Trento, Radina Brescia, Altenburger Verona insieme con Moggio dopo avere svolto una
dimostrazione contro il colonnello dei carabinieri che si opponeva all'ingresso dei fascisti in città ed aveva
minacciato l'arresto di Starace. La sera partirono gli squadristi delle vecchie province. Il giorno dopo
venne indetto uno sciopero generale e ci fu una caccia ai fascisti, assediati presso il ristorante Bolognese,
presidiato dalle forze armate. Alcuni fascisti vennero aggrediti nelle loro abitazioni: Silvio Casarola, Lino
Mariotti, Giovanni Carolli, Mario Vitalini, Storchio. Sfilata delle associazioni pangermaniste che cantavano
"La guardia al Reno". A mezzanotte l'autorità impone di abbandonare i locali del ristorante, sotto i Portici
i fascisti vengono aggrediti, "Gli unici italiani che sono rispettati sono i sovversivi, se fraternizzano coi
tedeschi. Piccoli segni dei tempi."
Dopo i fatti del 24.04 il fascismo si organizza, "Non c'era allora l'eterna guerra per le cariche", entrano
Luigi Barbesino, Giacomo Chiarini, Umberto Bravin, De Chiara, Dalmazzo e altri.
Il 06.05, alla presenza di Achille Starace e Luigi Freddi, della Segreteria generale del partito, si struttura
il partito, chiamando a far parte del direttorio Barbesino, Radina, Barbieri, Janesello, Bravin, Lazzaroni e
Siciliani. Il 19.09 i fascisti Casarola, Cretella e Scala, mentre in Piazza della Frutta cercano di far
rispettare un calmiere, vengono assaliti dai poliziotti civici; Radina e Bravin vengono presi a rivoltellate
da parte del noto comunista Laria. Furono i ferrovieri ad ingrossare le file fasciste; l'ing. Valcanover
fondò in Val d'Ega il primo Fascio costituito da alloglotti, a Fortezza Dovera costituisce la prima sezione di
ferrovieri. Ai primi di ottobre una ventina di fascisti partecipa alle cerimonie per la visita del re, quando
Perathoner indirizzò il saluto in tedesco.
I fascisti di Bolzano obbligarono il Municipio ad esporre il tricolore nei giorni della Patria. Al secondo
Congresso nazionale dei Fasci, svolto a Roma nel novembre 1921, parteciparono 20
bolzanini(Gavazzana, Radina, Chiarini, Mariotti, Carlo Barbieri, Renato Cretella, Di Alma Rosati), che in
una via del centro vennero aggrediti da comunisti.
Altra azione fascista del 1921-1922 fu la lotta contro la riapertura della bisca di Merano, gestita da
Kauter, noto pangermanista, che aveva corrotto i funzionari locali. La vigilanza e l'attività antitedesca
non permise l'attività contro i sovversivi, i quali giravano indisturbati. Per questo motivo il direttorio
decise di dare una solenne ed esemplare lezione ed una sera una quindicina di squadristi, guidati da
Radina, Tonelli e Barbieri, si appostarono nei pressi del Hotel Gasser, abituale luogo di riunione dei
sovversivi. All'uscita questi vennero presi a pugni calci e legnate, ma i capi non si trovarono. Per questo
motivo venne istituito un "tribunale speciale fascista" con presidente Radina, procuratore Barbieri e
membro esecutivo Casarola. "Il tribunale subito insediatosi alla sede, preparò gli arnesi della giustizia: 50
lire d'olio di ricino, manganello ed altri argomenti convincenti sul tavolo della presidenza, quadro del
Duce, al quale i condannati dovevano giurare di dire tutta la verità ed impegnarsi di non svolgere più
opera sovversiva; una marmitta di caffè bollente (per l'effetto immediato) e ... guanti bianchi per il
membro esecutivo Casarola. Due pattuglie andarono a prelevare uno per uno tutti i capi del
sovversivismo e così cominciò la sfilata con relative condanne. In meno di 4 ore - celerità esclusiva dei
tribunali fascisti - il tribunale speciale poté sciogliersi dopo aver regolarmente pronunciato e dato
esecuzione ad una quindicina di condanne."
Al convegno dei Fasci delle terre redente svolto a Trieste nel gennaio 1922 i fascisti di Bolzano, impegnati
nelle elezioni del 22.01, inviarono una lettera contenente un telegramma rifiutato perché contenente
insulti all'autorità costituita, nel quale si sosteneva che le scuole italiane erano in condizioni pietose, il
censimento era stato affidato alle autorità tirolesi che avevano censiti come tedeschi gli stessi fascisti,
essi ribadivano le solite accuse a Credaro.
"Ai fascisti atesini il coraggio non manca. Nell'aprile una squadra di otto fascisti bolzanini, affrontando la
galera, piomba di notte su Salorno dove, per rappresaglia, incendia la casa di un noto capo tedesco, che
in quei giorni aveva malmenato i primi due fascisti di Salorno. Giova ricordare i componenti la squadra:
Radina, Baracchini, Casarola, Basaglia, Rosati, Betteto, Cretella, Franceschini e Anselmi. Malgrado le
Giorgio Delle Donne Ipertesti de “La Provincia di Bolzano” 95
attive ricerche del maresciallo dei RR. CC. di Salorno e della questura di Trento e di Bolzano, gli autori
furono sempre introvabili. Evidentemente in mezzo alle autorità costituite, vi era qualcuno intelligente."
Continui invii di memoriali alle autorità da parte del direttorio del Fascio. "Fu il direttorio di allora che
prese contatto con tutti i partiti italiani, compresi i sovversivi, onde si venisse ad un accordo e si
lasciassero le lotte fratricide per unirsi contro il pangermanesimo. I sovversivi non vollero saperne, gli
altri partiti, per il quieto vivere tentennavano. I fascisti rimasero sempre più superbamente soli sulla
breccia."
Anche a Trento la situazione non era rosea, come ricorda il segretario del Fascio di Trento Passerini nel
maggio 1922; la popolazione, egemonizzata dal Partito Popolare Italiano, era sensibile solamente al
sentimento autonomista, che caratterizzava tutte le forze politiche. I contatti con Bolzano non
esistevano, a Salorno i Carabinieri di Guardia domandavano le carte di identità.
Nel luglio il fascismo inviò Michele Bianchi in Alto Adige a svolgere una serie di conferenze ed il 1° giugno
venne pubblicato il proclama di Starace, segretario politico di Trento, organizzato in 20 punti. I fascisti si
adoperano per fare fallire lo sciopero dell'agosto ed obbligano violentemente i ferrovieri a lavorare, il
giornale "Sudtiroler" del 05.08 dice che i fascisti piacquero straordinariamente ad alcuni forestieri per il
loro costume e per il loro procedere. Verso la metà di settembre vi fu una nuova riunione del Fascio di
Bolzano, nella quale Barbesino diede le dimissioni da segretario politico.
Dei 138 iscritti erano presenti 112. Radina ebbe 110 voti, Tonelli 108, Barbieri, Bonetti, Valcanover ed
Altenburger furono votati, Tonelli divenne segretario politico. Il 22.09 il direttorio inviò un telegramma al
Duce, rassegnando le dimissioni, qualora non si fosse pensato di aiutarli nell'occupazione della città. Per
prendere tempo, vennero inviati a Trento e a Bolzano dei falsi telegrammi da Bolzano a Trento, per far
credere la presenza di Mussolini a Bolzano; un capitano dei Carabinieri venne arrestato perché non aveva
segnalato la presenza in Bolzano di Mussolini. Il direttorio della sezione di Bolzano del P.N.F. invia una
lettera, probabilmente al Comune, nella quale chiede le dimissioni di Perathoner, un calmiere sui prezzi,
lo scioglimento della polizia municipale, la bilinguità, l'edificio scolastico di Via Elisabetta, un censimento
degli alloggi, l'esposizione della bandiera tricolore, una chiesa per gli italiani, un corso di lingua italiana
per gli impiegati tedeschi, la precedenza agli ex combattenti nei concorsi. Il 22.09 Perathoner fece
ribattezzare una delle piazze della città al nome di Kaiser Josef II, con una lapide che venne incastrata
nel palazzo di proprietà dell'autorità militare adibito a deposito di sussistenza. I fascisti protestarono con
le autorità, le quali ordinario a due carabinieri di presidiare la piazza e la lapide, per evitare disordini. I
Fascisti, che si erano impegnati a non fare nulla per 24 ore, di fronte a questa azione, dopo uno scontro
con i carabinieri levarono la lapide.
Minuziosa ricostruzione delle giornate di Bolzano, con lettere e documenti inediti.
Cronaca della partecipazione delle 250 camicie nere atesine alla marcia su Roma.
Elenco di tutte le gerarchie e le organizzazioni del fascismo atesino, diviso per località: Federazione
provinciale del P.N.F., commissario straordinario Alfredo Giarratana, segretario degli uffici Carlo Catamo.
Bolzano: segretario politico ing. Carlo Carretto, membri del direttorio cav. Vito Radina, Rodolfo Pollo,
avv. Vittore Tattara, prof. cav. Enrico Quaresima, prof. Silvio Segalla, cav. Luigi Dellicani. Iscritti ai Fasci
di Bolzano 767, complessivamente 1.878. Opera Nazionale Balilla: presidente prof. dott. Adolfo Ramini,
comitato provinciale generale Gino Graziani, console della 45° legione, prof. dott. Silvio Segalla,
vicepresidente, grand' ufficial Alfonso Limongelli, cav. dott. Angelo Oliviero, comm. prof. Francesco
Piccinini, prof. dott. Teodoro Ciresola, prof. dott. Guido Lette, direttore didattico Costantito Cologna,
comm. Giovanni Markart, ispettore scolastico cav. Riccardo Dalpiaz. Iscritti di Bolzano: 260 Balilla, 97
avanguardisti; Gries 51 Balilla; Bolzano est 71 Balilla; complessivamente 2.141 Balilla e 284
avanguardisti. Ufficio provinciale Confederazione nazionale sindacati fascisti, segretario generale dott.
Enrico Zenatti, segretari provinciali Sindacato medici fascisti dott. Giulio De Stefenelli, avvocati fascisti
avv. Enrico Riboli, farmacisti dott. Paolo De Aufschneiter, ingegneri ing. Aldo Ciaffi, ostetriche Maria Rudl,
ferrotranvieri Alessandro Da Pozzo, facchini Giovanni Schoenberg, personale ristorante Rino Gatti,
impiegati di commercio Ubaldo Conforti, tecnici agricoli Luigi Lageder, impiegati tecnici da nominarsi,
aziende municipali dott. Tullio Menestrina, operai elettrici Augusto Kratochwill, operai tessili Federico
Valentinotti, muratori ed affini Emilio Savi, operai poligrafici Giovanni Ganz, operai falegnami Giuseppe
Nolli, ispettore provinciale Carlo Fiorio. Opera Nazionale Dopolavoro direttorio provinciale presidente
Giarratana, segretario Carlo Cacamo, membri C. Rieder, segretario postelegrafonici fascisti, dott. E.
Zenatti segretario gen. uff. provinciale sindacati fascisti, avv. Pietro Gorini, segretario provinciale
Associazione nazionale pubblico impiego, sig. Steger, segretario della Federazione provinciale agricoltori
fascisti, cav. Dallicani, segretario della associaz. naz.le ferrovieri fascisti, dott. Colesanti, segretario
dell'Unione industriali fascisti, direttore didattico Cologna, segretario dell'Associazione della scuola
primaria, ing. Defant, presidente della Federazione fascista dei trasporti, G. de Vissler, segretario della
federaz. fascista dei commercianti. Comitato intersindacale presidente Giarratana, segretario del
comitato Carlo Catamo, membri Enrico Zenatti, Alessandro Da Pozzo, Ubaldo Conforti, Giuseppe Nolli,
Luigi Lageder, in rappresentanza dei lavoratori; Giovanni de Vissler, Renzo Fanti, Mario Colesanti,
Giuseppe Karis, ing. Luigi Valenti, Augusto Maloler, ing. Lavatelli in rappresentanza degli imprenditori.
Ente provinciale sportivo, presidente Giarratana, segretario Carlo Catamo, membri avv. Giovanni
Barbieri, sig. Arturo Battara, cav. Luigi Dellicani, ing. Mario Mogno, ing. Michele Pedone, col. cav. Oreste
de Strobel, sig. Giovanni Zucchermaglio. Associazione regionale fascista dei trasporti terrestri

martes, 3 de agosto de 2010

soldato giuseppe passerini brentonico

n° 15 - ottobre 2008


Q
estotrentino pubblicò 25 anni fa, nel dicembre del 1983, "Il soldato dell’imperatore", un fumetto disegnato splendidamente da Pierluigi Negriolli, su testi di Dogheria e Paris. Protagonista, e autore primo del racconto, Augusto Gaddo di Sardagna, che della sua esperienza nella Grande Guerra aveva scritto una memoria autobiografica vivacissima: un piccolo capolavoro di scrittura popolare che a differenza di molti testi analoghi non ha avuto ancora quel pieno riconoscimento che deriva da un’edizione integrale.
Il fumetto storico di QT tratto dal diario di guerra di Augusto Gaddo (sotto).
Le pagine di Gaddo sono entrate peraltro in molte narrazioni della guerra: tra quelle che ricordo spiccano il memorabile spettacolo di Marco Baliani, "Come gocce di una fiumana"; il recente e non meno suggestivo "Ma invece il mio cuore" della Compagnia di Lizzana; i libri di Lucio Fabi, studioso in particolare del fronte del Carso, sul quale Gaddo combatteva dall’altra parte, o meglio cercava di scampare la morte rannicchiato in questa o in quella cavità del terreno. Perché il nostro soldato dell’imperatore si racconta come un antieroe. Vanta un’abilità incredibile nell’imboscarsi nel vivo della battaglia; la sua è una guerra parallela la cui regola sta nel non coincidere mai con quella degli scontri col nemico.
La sua morale è la stessa del protagonista del cinquecentesco Parlamento de Ruzante che iera vegnù de campo: "chi sa difendere la so vita, quel sea valent’omo". Proprio come il personaggio ruzantiano, alla guerra e ai suoi disastri non riesce davvero a sfuggire: sbattuto dalla Galizia al Carso, dal Carso alla Volinia, è già tanto se riesce a portare a casa la pelle. La diserzione la medita, ma non riesce concretamente a praticarla. Sopravissuto al tifo, viene accusato dal medico militare di essere un simulatore. "Quante maledizioni diedi, a quei tedeschi, dicevo destriga o Dio l’Austriaco regno, destriga Dio quel becco imperator, (…) destriga o Dio questo Guerno Tirano, si dai botte e dalle seche che non resta più niente".
Al suo capovolgimento derisorio del "Serbi Dio" penso ogni volta che vedo riproporre lo stereotipo del soldato trentino obbediente, fedele, rassegnato, umilmente eroico. Forse nemmeno i più lealisti tra quei soldati rientrano perfettamente in quell’immaginetta, buona tutt’al più come facsimile per i necrologi ufficiali. Eppure essa torna a circolare, a dispetto di ormai tre decenni di studi tesi a scavare nella complessità dell’esperienza dell’uomo in guerra, in particolare in quella guerra, alla luce degli scritti autobiografici e delle altre testimonianze dei protagonisti.
Il tipo antieroico alla Gaddo rappresenta solo una parte, non sappiamo quanto piccola. Uscendo dal microcosmo trentino tirolese, ma restando dentro il plurinazione universo della vecchia Austria, ci imbattiamo nella sua geniale incarnazione letteraria, il buon soldato Sc’veik del romanzo di Hašek. Ma poi, tra i nostri cinquantacinque o sessantamila che siano, chi può dire quanti fecero davvero la scelta estrema di disertare? Sono diventate quasi classiche le annotazioni fulminee del diario di Giuseppe Passerini: "15 giugno 1916 -ore 9- l’artiglieria russa riprende il fuoco ore 12 saluto Graf. ‘Io resterò’ dico ‘buona fortuna’ mi risponde. Ore 16.15 si ordina la ritirata - mi fermo in una trincea parallela cento m. più indietro di quella abbandonata. - Sparo. Ore 16.30 - stringo la mano al primo soldato russo, è un giovanetto siberiano. La partita con l’Austria è liquidata".
Come distinguere, tra le decine di migliaia di prigionieri, chi è stato preso e chi si è lasciato prendere, se non sulla base delle tracce autobiografiche? E la gioia di chi è levato dalla mischia mortale da ferite provvidenziali, quale storico potrà quantificarla?
La tiritera dei bravi soldati
Arresto a fatica il flusso delle citazioni che premono. Chi vuol entrare direttamente nel vivo di questa esperienza collettiva ha a disposizione una corposa saggistica, i dieci volumi della collana "Scritture di guerra" (edita dai musei storici di Trento e Rovereto) e ora un libro che sintetizza magistralmente trent’anni di ricerche, "I dimenticati della Grande Guerra" di Quinto Antonelli .
Qui rimane solo lo spazio per qualche domanda polemica. A ripetere la tiritera dei bravi soldati obbedienti (forse tantissimi, ma si tratta di leggere dentro l’apparente uniformità di quella obbedienza) è in primo luogo chi nutre una sensibilità che possiamo chiamare trentino-tirolese. Legame affettivo con l’antica appartenenza alla monarchia au., mitizzazione dei valori tradizionali della Heimat tirolese, visione organica e conservativa della comunità sono alcuni dei tratti di questa sensibilità, che si mescolano ad altri più aperti alla modernità (autonomismo democratico, europeismo). Il soggetto politico più rappresentativo di questi orientamenti è il PATT, ed è naturale che sul terreno della memoria della Grande Guerra esso sia impegnato nella direzione indicata. La polemica non è con quella sensibilità e con quel partito, ma con la lottizzazione delle forme pubbliche del ricordo. La lapide posta dalla città di Trento "a perenne memoria dei mille suoi figli soldati dell’imperialregio austroungarico caduti nel conflitto mondiale 1914-1918" è un’iniziativa doverosa, a riparazione ancora parziale della compressione del ricordo negli spazi della pietà religiosa e degli affetti privati che l’Italia redentrice ha esercitato con cieca unilateralità. Proprio per questo, non era preferibile una condivisione più plurale di un gesto che ambisce a validità perenne? Ho in mano l’opuscolo d’occasione, che porta le firme di tre esponenti del PATT, a vario titolo, e di nessun altro rappresentante democratico della città, nemmeno del sindaco. Perché? Non indebolisce questa scelta il senso di una memoria condivisa?
Sconcertante è poi la parte che correda sul piano storiografico l’iniziativa memoriale. Non mi riferisco all’intervento del direttore della Fondazione Museo Storico del Trentino Ferrandi, che aggira ogni ostacolo affidandosi all’abstract del libro di Antonelli, ma a quello di Lorenzo Baratter, direttore del Centro di Documentazione di Luserna. Al quale voglio bene, e proprio per questo debbo chiedergli, non senza turbamento, che cosa intenda quando scrive che "i 60.000 trentini che combatterono per l’Austria Ungheria non furono ‘costretti’ a combattere". Se si scambia per adesione la risposta alla leva di massa obbligatoria si apre la strada a qualunque aberrazione, come quella di confrontare i numeri dei mobilitati in divisa au. con quelli dei volontari che vestirono quella italiana, traendone argomento per irridere i secondi. Ma sulle nefaste implicazioni dell’equiparazione tra obbedienza forzata e libera scelta sarà il caso di tornare in altra occasione.